Dalla conoscenza della situazione di svantaggio… alla presa in carico

Affrontando l’esperienza della disabilità è utile soffermarsi prima sul significato di alcune parole che usiamo comunemente per comprendere lo sfondo culturale in cui si sviluppano le nostre opinioni e i nostri comportamenti.

Nel 1999 l’O.M.S. ha pubblicato la nuova “Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Attività personali (ex disabilità) e della Partecipazione sociale” (ex handicap) in sostituzione della precedente classificazione del 1980.

Queste le  espressioni  principali:

  • Menomazione o deficit: si intende qualsiasi perdita o anomalia, transitoria o permanente, a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche (esteriorizzazione).
  • Disabilità: si intende qualsiasi restrizione o carenza (conseguente a una menomazione) della capacità di svolgere un’attività nel modo o nei limiti ritenuti normali per un essere umano. Può avere carattere transitorio o permanente ed essere reversibile o irreversibile, progressiva o regressiva.  Essa rappresenta l’oggettivazione della menomazione.
  • Handicap: si intendeva correntemente come una condizione di svantaggio vissuta da una determinata persona in conseguenza di una minorazione.  Oggi si conviene che l’handicap è caratterizzato dalla discrepanza fra l’efficienza e lo stato della persona e l’aspettativa di efficienza e di stato della stessa persona e/o della comunità cui fa parte. Handicap, al momento, rappresenta il grado di partecipazione sociale di una persona con menomazione nello svolgimento di attività.

Tra le parole-chiave della classificazione internazionale, bisogna rilevare che il termine “disabilità”, usato nella versione del 1980, è stato, appunto, sostituito da “attività”, e che il termine “handicap” riferito a persone è stato eliminato a favore di una espressione relativa alla condizione di “partecipazione sociale”.

In Italia, ai sensi dell’art 3 della Legge 104/1992, la persona con disabilità in situazione di svantaggio

  1. …è colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di inclusione lavorativa tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
  2. …ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua o all’efficienza delle terapie riabilitative.
  3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo o globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, a seguito di questo nuovo approccio alla disabilità, ha proposto di integrare il metodo di valutazione ICD 10, incentrato esclusivamente sulla valutazione delle malattie, patologie e incapacità dell’individuo, sostenendo   l’applicazione di un metodo innovativo di misurazione della salute, delle capacità, delle potenzialità e di quanto la persona è in grado di “fare” per poter raggiungere il massimo della propria autorealizzazione: l’I.C.F (International Classification of Functioning, Disability and Health – Classificazione Internazionale del Funzionamento, Disabilità e della Salute) .

L’applicazione del metodo I.C.F.. in Italia, non è ancora diffusa con modalità omogenee in tutti i territori, sebbene, come previsto dalla L.122/2010 ” è “…da tener conto nei verbali di accertamento della sussistenza della condizione di handicap al fine della formulazione del Piano educativo individualizzato (PEI)”;  pertanto, spetta ancora ai “mediatori” (familiari, operatori sanitari, operatori dell’inclusione) sostenere e pretendere questa impostazione innovativa di approccio al percorso di inclusione, fin dalla conoscenza ed accertamento della situazione di svantaggio e dalla presa in carico.

E’ comunque sul principio della centralità della persona che viene costruito l’intero percorso, nel rispetto individuale di potenzialita e bisogni di persona, che cambiano nel tempo.

L’adeguata formale valutazione precoce (con metodo congiunto ICD10 e ICF) e la corretta presa in carico istituzionale, sono due fattori determinanti per ben iniziare.

Nel caso di minori, a seguito delle valutazioni medico-sanitarie per una accurata diagnosi della condizione di disabilità della persona, è opportuno richiedere quindi

la certificazione medico legale, presso l’apposito Collegio Medico della ASL, per l’individuazione dell’handicap in situazione di svantaggio ai fini del percorso di inclusione scolastica (DPCM 23 febbraio 2006, n. 185 – Regolamento Regione Puglia n.6/2007 e s.m.i.)
la valutazione medico legale della Commissione ASL per le minorazioni civili (domanda telematica all’INPS), ai fini dell’eventuale riconoscimento quale “…minore con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni proprie dell’età…” o “…minore con perdita uditiva superiore a 60 decibel nell’orecchio migliore…”  (Legge 11 ottobre 1990, n.289)  .
E’ opportuno ricordare che tali valutazioni medico-legali rappresentano l’esercizio per il riconoscimento di un diritto soggettivo del minore con disabilità – Corte Suprema di Cassazione, Sentenza N. 7847 del 4 APRILE 2006 – con efficacia costitutiva, e non già una mera discrezionalità dei genitori/tutori della persona.

La successiva  fase della presa in carico rappresenta il vero nodo centrale del sistema, attualmente non ancora perfetto, coordinato ed omogeneo nell’intero territorio, poichè rappresenta il momento in cui una pluralità di istituzioni (ASL, Scuola, Ente locale) ed altri attori di sistema (Terzo settore) prendono carico con competenza e professionalità la persona con disabilità (minore, adulto, anziano) ai fini della pianificazione del progetto individuale di inclusione e dell’avvio del percorso di inclusione.

Il Protocollo d’Intesa tra i Ministeri della Salute e dell’Istruzione  del 12 luglio 2012 – PER LA TUTELA DEL DIRITTO ALLA SALUTE E DEL DIRITTO ALLO STUDIO DEGLI ALUNNI E DEGLI STUDENTI CON DISABILITÀ – rappresenta al contempo una dualità tra il concetto di “coordinamento tra le due dimensioni istituzionali (salute ed istruzione) nelle politiche di inclusione”  e la “necessità di dare un segnale di rafforzamento e vigore per la sua attuazione, attraverso un atto formale”.

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